Mirra e lavanda

La pelle liscia e tesa dell’interno coscia e’ piu’ calda della sua mano d’agosto. Una bellezza del genere sul sedile della sua MG, senza dover pagare una lira, gli sembra semplicemente un furto, ne piu’ ne meno.
Dopo essersi acceso una Muratti, si slaccia lentamente i bottoni della camicia azzurra, intervallando ad ogni asola una boccata di fumo e un’occhiata alle gambe di quella donna che da tre giorni si porta appresso, senza nemmeno sapere il suo nome. Non gli sembra un sogno perche’ i sogni che fa sono molto piu’ logici di quello che gli sta succedendo (ha sempre avuto una fantasia piuttosto scarsa, in effetti): non crede sia un sogno semplicemente perche’ sta pensando sia tutto quanto folle, eventi governati dal caos, marasma, casino, ecco qua.
Sistema il sedile in modo piu’ comodo, appoggia la nuca alla pelle nera e ricomincia a guardare lei, ancora immobile nel vestitino nero di seta, tra il profumo dei capelli che ha inondato l’abitacolo e il lento respiro che muove il petto su e giu’, lasciando trasparire lo spessore dei capezzoli che d’improvviso diventano vivi.

Lei dorme, lui deve riuscire a stare sveglio.
Lo Scorpione Tennis Team non avra’ vinto la finale, Alessandra rimarra’ a Padova sola, Toffolino non lo sente da un po’ e quel poco gia’ e’ troppo, ma lui ha accanto a se’ questa donna di cui ignora pressoche’ qualsiasi informazione, da chi sia davvero a perche’ si sia lasciata andare cosi’ con un pezzo di merda disilluso e meschino e cinico com’e’ lui. Perche’ poi e’ questo che continua a frullargli nella capoccia, che’ non riesce proprio a spiegarselo (forse e’ solo il brutto effetto di quell’ultimo acido che si sono fatti in piscina o la coca era tagliata male?). Proprio questo non lo capisce.
E tira il freno a mano in mezzo alla notte, tra la puzza di merda di vacca dei campi e la puzza di merda di porco dell’allevamento piu’ in la’, e vorrebbe scuoterla e schiaffeggiarla per farla rinvenire e chiederle che cazzo ci fa qui con lui, ma non riesce. Non riesce. Perche’ ha il terrore fisico che tutta l’irrazionalita’ e l’illogicita’ anti-matematica, fatto a lui totalmente ignoto, smetta di esssere, che lei si renda conto di dov’e’ davvero. Quello che riesce a fare e’ scansarle l’abitino per vedere la perfezione delle sue anche ancora giovani, incorniciate dal pizzo nero che odora di mirra e lavanda. Guardarla senza riuscire a sfiorarla.
Gaspare proprio non si riconosce.
Tutti gli algoritmi di cui si e’ sempre vantato, delle frasi ad effetto assolutamente misogine, perdono semplicemente ogni valore, senso o significato.
Gaspare s’e’ fottuto il cervello per una donna divorziata con figlio che non sa nemmeno come si chiama.
Avrebbe di gran lunga preferito poterla pagare per avere la coscienza pulita, ma sente una cosa in mezzo allo stomaco che non conosce. E vuole farla divertire, adora vederla ridere, abbracciarla mentre salta o balla, sogna di fare l’amore con lei… l’amore… quella cosa che ha smesso di fare da… quanti anni?
Riaccende la macchina, si accende un’altra Muratti e mette la prima. La guarda ancora una volta e, pigiando l’accelleratore quanto basta per far fischiare le ruote, tenta di affrontare per la prima volta la paura di perdere una persona ignota.
Forse sarebbe stato meglio andare con gli amici al mare, vestiti da papponi a spendere e spandere e a praticare il sano sport del sesso senza problemi.
Eppure… gli sembra di essere un astronauta che e’ in viaggio verso un pianeta sconosciuto dove ricominciare una vita nuova.
O almeno, cosi’ sogna…