La sindrome della neve
Scopro che quando penso alla neve penso al silenzio.
Non penso al colore, alla consistenza o al sapore. Penso al fatto che quando c’è la neve, non c’è rumore.
Cioè, l’elemento base della vita, solidificandosi, ribalta diametralmente una sua fondamentale qualità: banalmente vorrei farvi notare che la gamma delle manifestazioni atmosferiche della pioggia è talmente vasta da lasciare senza fiato. E che la neve non è un temporale.
E sì, sono laureato, ve ne siete accorti.
Che la pioggia si fa sentire. Eccome se si fa sentire.
Cieli neri e tumultuosi, scrosci con lampi, tuoni e saette, alberi spaccati o divelti, grandine, fulmini globulari, fiumi in piena, disastri ambientali, fogne che trasudano di defecazioni urbane, diluvio universale, arca di Noè, Mosè e fornitura di ombrelli agli angoli delle strade appena scendono due gocce (ma come fanno?). Tanto per dire, l’acqua è in grado di fare un cazzo di casino.
La neve no.
Oddio, non sul casino, sia chiaro.
Prima l’aria diventa elettrica. Il cielo perde colore.
E poi arriva. Silenziosa la neve e la città pure. Diminuizione progressiva dei decibel.
Non so se è perché la gente si terrorizza subito e si chiude in casa o se perché effettivamente la neve ha delle proprietà fonoassorbenti. Però ti affacci alla finestra e un po’ sei contento.
Poi magari ti rendi conto che ti scombinerà un po’ i piani della giornata, devi spostare la macchina, mettere le catene, magari. L’altro giorno ci ho messo sei ore per tornare da Firenze e le madonne che non ho tirato sono proprio poche.
Però se ne viene giù molta è una festa. Che si chiudono le scuole e non si va a lavorare.
Ci si veste tutti un po’ a cazzo di cane, con i mammuth ai piedi (si lo so, si chiamano moon boot, ma mi fa più ridere mammuth, ok?), dicevo, prima che mi interrompeste, che si gira con i mammuth ai piedi e ci sono un sacco di attività di gruppo divertenti.
Tipo il lancio della palla di neve. Tipo la fantina, che è quando prendi uno e lo cacci per terra e lo riempi di neve.
Tipo fare i disegni nella neve fresca con la pipì (ma solo per i maschietti monelli). O lo slittino dal tetto della palestra Villetta dietro casa mia. O lo snowboard sugli argini del Po. In generale però il lancio della palla di neve è il divertimento più diffuso. Insieme alla fantina, chiaro. E anche il trascinamento altrui non è male.
Mi ricordo che il primo giorno che allo Chocolat hanno messo la Carlo V, la birra belga doppio malto da un milione di gradi, fuori c’era un casino di neve. E giravo con i mammuth. Solo che poi, per colpa della Carlo V, mi servivano i mammuth anche alle mani che a stare in piedi era un’impresa.
E anche in quell’occasione la neve ha fatto in modo di attutire i rumori. E gli urti. E le parolacce che mi sono preso (nota a margine: da quel giorno non bevo più Carlo V).
Dicevamo. Che poi si ferma, magari, la neve. Poi sta lì ed è bella un po’. Poi diventa marrone e poltiglia. E poi se ne va.
E tornano i rumori.
E sembra sempre che stia piovendo, per il rumore delle ruote nelle pozzanghere, che durano mille giorni all’anno, con tutta la neve che si deve sciogliere. E le strade rimangono disastrate, che i gatti delle nevi fanno sempre dei casini. E il sale sprecato.
Tutto pieno di cicatrici. È che mentre lo pensavo, beh, è facile traslare il concetto e renderlo antropomorfo.
Che alcune persone fanno così.
Arrivano e non è che lo annunciano.
Arrivano. Silenziose.
Ti affacci alla finestra e dici “cazzo, mamma, è arrivata!” e sei contento un po’, e ti vesti a cazzo di cane, ti infili delle calzature un po’ bizzarre e bevi la Carlo V e ridi come un matto. E stanno lì un po’.
E poi diventano marroni. E un giorno ti svegli e non ci sono più, solo ‘sto casino che è rimasto per strada che è la tua faccia. Ma proprio molto. E sembra davvero che siano passati mille spargisale e duemilioni di spazzaneve, con le pale unicinate e le bombe a mano.
Che se sento ancora uno che è contento che nevica, giuro, invece di fare a palle di neve, faccio a palle di merda.
1 Comment
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comunque a me fa ridere…
tranne la parte in cui compari la neve alla vita, la tristezza del dopo, ok quello no, tutto il resto mi diverte. ti immagino con i mammuth, alle mani e ai piedi, ubriaco, a trascinare o farti trascinare, a lanciare le palle di neve, a fare i puCazzi di neve(chi non ne ha mai fatto uno!)
sei comico. magari involontariamente, magari sono io che rido x niente, magari bo. ciao testa.