Pain Chaud #7
Al Pain Chaud #7 il tempo sembra si sia fermato qualche anno fa. La brasserie di fronte ha cambiato gestione gia’ tre volte in dieci anni, il negozio di souvenir accanto ha spostato l’orca gonfiabile in ogni cantuccio immaginabile, con ben poca fortuna, ma il Pain Chaud #7, tranne una tinteggiatura veloce, rimane sempre uguale.
Il panettiere anziano e’ scontroso come al solito, soprattutto con i fottuti francesi, bastardi teste di cazzo che, a sentire lui, non capiscono il valore dell’indipendenza per la Corsica. Paolo ormai lo conoscono, lui e la sua mountain bike, quell’italiano sulle sue come un corso che da non si sa quanti anni fa colazione da loro.
Pain au chocolat, sil vous plet, con quell’accento striminzito, sembra abbia capito ed abbracciato il loro sguardo corrucciato.
Mezzo litro di latte dal frigorifero e poi colazione sulle panchine nel vialetto degli ulivi sul porto, vicino al barbone gentile, un uomo di mille anni che potrebbe benissimo essere Mago Merlino o Babbo Natale.
Paolo ormai sta bene, quasi non pensa piu’ agli intrighi di sua madre, a Francesca o a papa’ in depressione. Pensa: basta poco, tutto sommato… ma sa perfettamente che e’ una bugia grande come il mondo, che da certe cose non si puo’ scappare facilmente. Una brioches al cioccolato e del latte possono aiutare, come il profumo di sale alla mattina o lo struscio serale da Le Nautic al Cafe’ de la Tour, fin giu’ allo Chalet, magari per mangiare la miglior bistecca dell’isola, ma non e’ cosi’ a senso unico la vita, non si puo’ tappare e stappare l’ingerenza di persone e di storie e di vite a piacere. Lo pensa mentre tenta di decidere in quale spiaggia andare oggi: gli scogli o un giro in pineta?
Propende per la spiaggia, in totale rilassamento fisico, che le gambe gli fanno ancora male da ieri, quando e’ arrivato fino ad Algajola per vedere il campionato di windsurf. Ma serve un libro, almeno. Che va bene fare i vacanzieri, ma almeno facciamo fruttare il tempo libero verso una crescita minima della propria materia grigia, no?
Imbraccia la bicicletta, supera la piazza della lavandaia, la salita impossibile con puzza di cadavere e arriva in casa per raccogliere quel mattoncino semi filosofico che gli e’ stato consigliato. Trotterellando giu’ per le scale, incrocia il postino che scorrazza con un Fifty ultra truccato. Sotta la sua visiera, tipica della divisa comunale, dice qualcosa in francese, fino a farsi capire ripetendo autisticamente “puor les italiens, puor les italiens!”… Paolo prende la lettera che gli consegna con cotanta veemenza. Il destinatario e’ proprio lui. Mittente: Gio’ Bassi.
E i pensieri e le paure e le angoscie cominciano a frullare come al fubalino, facendo roteare astine e palline a velocita’ vorticosa, e con il cuore in gola gia’ teme il peggio. Poi si ferma un istante e pensa al valore che ha assunto oggi la lettera cartacea. Il cellulare lo puoi spegnere, il telefono staccare, il computer non sa nemmeno cosa sia. La buca delle lettere se vuoi la puoi lasciare chiusa. Ma come puoi dire di no ad un postino che ti consegna manualmente una lettera?
E poi di nuovo, mentre le mani tremano, estrae un foglio scritto a mano da Gio’, tipica grafia incomprensibile e inizia a leggere.
Ok, calma. Respiro. Mille uno, mille due, mille tre.
Fanculo il tantra, il mantra e lo zen!
Si infila la lettera in una certa maniera in tasca, e parte in stile fantozziano sulla bici come fosse la coppa Cobram, dopo aver bevuto la mitica e inimitabile BombaBomba. Torna al viale degli ulivi dove fino a quindici minuti fa regnava la calma piu’ completa. Babbo Natale e’ sempre nella stessa posizione.
Paolo barcolla, molla giu’ il cavallo coi raggi per terra, sbatte le porte della cabina e infila tutti gli euro che ha nella fessura. Deve fare tre volte il numero di Francesca, dimenticandosi prima le ultime due cifre, poi invertendole e poi scordandosi completamente che il prefisso italiano e’ 0039, finche’ l’uomo Wind dice che Francesca il telefono l’ha spento da mo’. E nella furia totale vuole chiamarla a casa sua, ma il numero di casa non se lo ricorda mai, cosi’ vuole chiamare a casa propria per parlare con sua madre e chiederle di guardare sull’agendina di casa il numero di casa di Francesca… ma il telefono rimane libero. Il barbone Merlino sta ancora fissando le proprie unghie.
Si?
Mamma?
No, sono Anna.
Anna? Che cazzo ci fai a casa mia cosi’ presto? Non dovresti essere al lavoro?
Si, ma… ecco, Paolo, vedi… non so come dirtelo, ma sono tre giorni che tua madre non si fa vedere ne’ in casa, ne’ fuori…
COSA?!
Eh, si, ma stai tranquillo, non ti preoccupare, cioe’, se fosse successo qualcosa lo sapremmo per primi, non credi?
Si, ok, ma come fai tu ad essere in casa mia?!
Eh, la porta era aperta e cosi’…
APERTA?!
Oh, Paolo, non sei l’unico ad essere preoccupato e ieri sera dovevamo andare a una grigl#
Click
Pain Chaud #7. Il barbone bianco.
La lettera in tasca, Francesca se ne va, la mamma non torna.
Respiro. Zen.
Mantra.
Sssh.
Focalizza l’attenzione sui granelli di sabbia che vibrano sotto i piedi.
Sssh.
Non e’ successo niente.
Socchiude gli occhi e si siede vicino a Jamal, il sindaco dei barboni gentili.
2 Comments
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preferivo il trebuchet 10… porca vacca cosi’ mi ceco…
bella questa nuova versione