Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
Non mi è piaciuto.
Forse avevo troppe aspettative su questa storia. E il primo capitolo le ha confermate tutte. Il titolo, poi, è davvero stupendo. L’edizione ottima. Ma non gira proprio.
La vicenda è semplice: è stato commesso un omicidio, il sospettato numero uno è Amedeo, che pare si scappato, il quale, in ogni capitolo viene difeso da uno degli inquilini di Piazza Vittorio. Ogni capitolo è quindi la voce di un personaggio che gravita in quell’universo.
Non mi è proprio piaciuto il fatto che tra un capitolo e l’altro ci siano delle pagine di un ipotetico diario di Amedeo, che riprendono esattamente gli stessi argomenti trattati nel capitolo precedente, con le stesse parole, gli stessi dialoghi, chiosate spesso con degli ululati che io francamente non ho apprezzato. Sono pagine ridondanti, disarticolate, che invece che dare più spessore alla storia evidenziano un artificio letterario molto forzato.
Sulle 190 pagine del libro parlano una decina di personaggi, che dicono tendenzialmente le stesse cose, con dialettismi un po’ demodè e estremismi da macchiette.
E ogni volta gli ululati, le metafore su Roma e i figli della lupa.
Non è un giallo.
Non è un thriller.
Non c’è del gran sarcasmo.
Ci sono le solite frasi da luogo comune. Il milanese attaccato al lavoro che non sopporta i romani. I romani che non sopportano i napoletani. Nessuno che sopporta gli immigrati. Il tutto senza il minimo motivo. Che, ok, sarà pure così, ma almeno fammi ridere ogni tanto.
L’ultimo a parlare è l’ispettore che spiega come sono andati i fatti e la storia si chiude in quattro e quattr’otto senza scossoni.
Insomma, io mi sono un po’ annoiato.
Mi spiace.
Per lui la cucina iraniana con le sue spezie e i suoi odori è ciò che rimane della sua memoria. Anzi, è la memoria, la nostalgia e l’odore dei suoi cari tutti insieme.
Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
Amara Lakhous
E/O (assolo)